Il termine Rocaille fu usato per la prima volta nel 1736 da Jean Mondon Fils, ad indicare un tipo di architettura e decorazione sviluppatosi dopo l’epoca della Reggenza, durante il regno di Luigi XV.
Con tale parola veniva indicato un particolare tipo di decorazione realizzato con pietruzze, rocce e conchiglie, che abbelliva i padiglioni, le fontane e le grotte dei giardini.
Il Rocaille vide l’ampio uso di linee asimmetriche e curve, sebbene prese a modello il mondo naturale e la geologia (usando appunto, pietre e rocce), il risultato nelle forme non fu spigoloso ma arrotondato e sagomato.
Nella decorazione si iniziò a parlare di genere “pittoresco” caratterizzato da una spiccata asimmetria anche nel modo di riprodurre la realtà (ad esempio un gambo di sedano a misura di bambino, e una lepre a misura di dito). Le stanze vennero arredate minuziosamente, e si fece largo uso dei “boudoir” stanze adiacenti alla camera da letto arredate con specchi, tavoli da toelette, finte grotte e statue di Eros.
Grande fortuna ebbe la tecnica del pastello, tra i materiali decorativi, lacca, stucco e porcellana.
Da questa parola francese, Rocaille, derivò il termine Rococò. Si trattò di uno stile aggraziato ed elegante che si opponeva alle pesantezze del barocco, caratterizzato da motivi decorativi ramificati, ondulati, floreali, molto vicini al mondo naturale. Il rococò si affermò sopratutto nella decorazione degli interni, dei salotti e delle gallerie, distinguendosi
per la fluidità e la leggerezza assunta anche dal mobilio, dalle tappezzerie e dai motivi delle porcellane.
Il gusto rococò rese confortevoli e graziosi anche gli ambienti riservati all’intimità familiare, come le stanze da lavoro, le biblioteche e gli studioli. I mobili assunsero forma bombata, con fianchi leggermente a serpentina e gambe sinuose, le sedie vennero imbottite e ornate con rivestimentisti in stoffa, le specchiere divennero alte con cornici sagomate e colorate, talvolta le candele venivano inserite nella cornice con appositi appliques, le superfici dei tavoli e delle scrivanie acquistarono varietà grazie ai tasselli, alle lacche e alle guarnizioni in bronzo dorato.
Prese campo l’utilizzo di cineserie, confermando la diffusione del gusto per l’esotico; motivi orientali, come fiori e uccelli,
andarono ad illeggiadrire il parafuoco o il servizio da tè. Nello stile rococò si cercò principalmente di unire la comodità alla bellezza delle linee.
Il legno di noce continuò ad essere molto usato, come i rivestimenti di mogano e palissandro. Il rococò italiano, fu chiamato “Barocchetto” (anche se alcuni studiosi non sono d’accordo con questa definizione); in questo periodo mobili di alto pregio furono realizzati in Piemonte, Veneto e nel Regno delle due Sicilie.
Bravi artigiani realizzarono mobili ispirati allo stile di Luigi XV, ma con forme più leggere e classiche, volumetrie più contenute dotate di estrema eleganza. Interessante fu l’introduzione della cosiddetta “lacca povera”, un particolare tipo di verniciatura che consiste nel ricoprire la superficie del mobile incollandovi carte stampate e acquerellate, piuttosto che dipingerle.
Lo spiccato cromatismo di pitture e vernici fu caratteristico di quest’epoca, come l’impiego ricercato del
vetro di Murano, con il quale vennero realizzati moltissimi lampadari colorati, che assunsero la forma di bracci ramificati.
Il tratto principale che distinse il Barocchetto dal Barocco si trovò sopratutto nelle forme; mentre nel secondo prevalsero le asimmetrie, nel primo trovarono ampio spazio le disposizioni simmetriche.
Le forme più semplici e ridotte nei volumi, tipiche del Barocchetto, vengono spiegate da alcuni studiosi, non tanto come una scelta stilistica vera e propria ma con il fatto che l’aristocrazia in quel periodo attraversava un declino sia politico che economico